venerdì 2 novembre 2012

LIBERTA’ PER I PRIGIONIERI POLITICI SAHRAWI DELLA PRIMA PRIMAVERA ARABA


SIT-IN
Sabato 10 novembre 2012
dalle 12.00 alle 13.00
NUOVA SEDE Ambasciata del Marocco
Piazza Mincio - angolo Via Brenta 12/16 Roma


Il 24 ottobre 2012 si sarebbe dovuto celebrare davanti al Tribunale militare di Rabat il processo a 24 sahrawi imputati per i fatti di Gdeim Izik, nel Sahara Occidentale occupato. Il giorno prima, l’udienza è stata rinviata per la seconda volta sine die. Degli imputati, 23 sono detenuti nella prigione di Rabat-Salé da due anni senza che il processo abbia avuto inizio, ben oltre i limiti di legge. Sono in detenzione illegale.

L’ennesimo rinvio, di fronte ad accuse gravissime (omicidio) che potrebbero comportare la pena di morte secondo il Codice di giustizia militare marocchino, è la dimostrazione dell’inconsistenza delle prove e del fondato timore che l’apertura del processo si trasformi in un atto di accusa nei confronti dell’occupazione militare del Sahara Occidentale.

A Gdeim IziK, una decina di km da El Aiun, capitale del Sahara occupato, circa 20.000 sahrawi si sono riuniti, a partire dal 10 ottobre 2010, nell’Accampamento della dignità per rivendicare i propri diritti, la voglia di libertà, la richiesta della fine delle discriminazioni e della repressione di cui sono vittime. In una parola i sahrawi rivendicano la propria  DIGNITA’. Sarà questa la parola d’ordine che nei mesi successivi, dalla Tunisia all’Egitto, dalla Libia al Marocco stesso e a tutto il Maghreb, farà scendere in piazza le protagoniste e i protagonisti della cosiddetta Primavera Araba.

Il campo di Gdeim Izik viene smantellato all’alba dell’8 novembre 2010 dalle forze di occupazione marocchine, con un’azione militare di estrema violenza, mentre fino al giorno prima sono in corso i negoziati sulle rivendicazioni dei manifestanti. Il Marocco non ha mai consentito ad autorità indipendenti di svolgere un’inchiesta sul posto.

In questi due anni le proteste non si sono mai fermate e altre decine di sahrawi sono attualmente in carcere. Per questo:

Chiediamo la liberazione di tutti i prigionieri politici sahrawi

Il Sit-in è promosso dall’Associazione Nazionale di Solidarietà con il Popolo Sahrawi (ANSPS), dalla Campagna internazionale per la liberazione dei prigionieri politici sahrawi, in collaborazione con i Giovani Sahrawi in Italia.

Per info e adesioni: ansps@libero.it

mercoledì 24 ottobre 2012

GDEIM IZIK: RINVIATO IL PROCESSO

Il processo ai sahrawi protagonisti della prima protesta della “primavera araba”, quella di Gdeim Izik nei Territori Occupati del Sahara Occidentale nel ottobre – novembre 2010 è stato nuovamente rinviato. I 24 imputati, di cui 23 in carcere, dovevano comparire oggi davanti al tribunale militari di Rabat.

Sono in carcere da 2 anni con pesanti accuse di omicidio e associazione a delinquere.

I sahrawi contestano tutte le accuse loro rivolte e il fatto di dover comparire davanti a un tribunale militare. Questa mattina, all’ora prevista per l’apertura del processo, le famiglie dei prigionieri hanno protestato di fronte al tribunale e reclamato immediata liberazione.

Erano presenti osservatori internazionali da Italia, Spagna, Francia e Belgio.

I difensori dei diritti umani sahrawi sottolineano che il mancato processo, dopo un primo rinvio nel gennaio di quest’anno, manifesta il timore del regime che le udienze si trasformino in atti di accusa nei suoi confronti a causa di inconsistenza delle prove e delle accuse.

L’accampamento della dignità di Gdeim Izik venne smantellato l’8 novembre 2010 manu militari.


328.6392643
ansps@libero.it

sabato 13 ottobre 2012

Giannassi all'Assemblea Generale dell'Onu


IL SINDACO GIANASSI È INTERVENUTO ALL’ASSEMBLEA GENERALE DELL’ONU

Il pluridecennale impegno di Sesto Fiorentino per l’autodeterminazione del popolo Saharawi è sbarcato alle Nazioni Unite. Ieri il sindaco Gianni Gianassi è intervenuto a New York all’audizione del IV Commissione dell’Assemblea Generale delle Nazioni Unite, quella incaricata dei processi di decolonizzazione. La sessione plenaria che si è tenuta nella giornata di ieri nel Palazzo di Vetro era interamente dedicata alla situazione del Sahara Occidentale ed è servita ad ascoltare le istanze presentate da una cinquantina di soggetti provenienti da ogni parte del mondo. “Sesto Fiorentino è città di pace e dal 1984 è gemellata con la città saharawi in esilio di Mahbes - ha affermato il sindaco - da allora abbiamo sposato e sostenuto pienamente la giusta lotta per l’autodeterminazione del popolo saharawi, affinché si superasse definitivamente l'ultima colonia africana. Oggi, però, sono qui per rappresentare ciò che ho visto, nella mia visita del marzo 2011, nella città di El Aaiun, dove mi ero recato, in incognito, per consegnare la cittadinanza onoraria di Sesto Fiorentino ad Aminatou Haidar, donna simbolo della resistenza pacifica del popolo saharawi. Ho potuto constatare il regime di occupazione militare e il controllo capillare del territorio da  parte dell’esercito e della polizia marocchina. Strade e piazze sono costantemente sorvegliate. Ho raccolto la testimonianza delle numerose violenze impunite, ho visto le conseguenze della violenza dello sgombero di Gdeim Izik, e ho appreso, dalla voce degli avvocati che hanno difeso i prigionieri saharawi, le condizioni di detenzione nelle quali versavano più di 100 manifestanti e le difficoltà dei legali a vedere accolte le richieste di processi pubblici, davanti agli occhi e all’attenzione della comunità internazionale”.
Il sindaco Gianassi, al pari di gran parte degli altri intervenuti, ha chiesto infine alla Commissione dell’ONU presieduta dal gabonese Noel Nelson Messone di accelerare il processo di autodeterminazione, sottolineando le potenzialità del popolo saharawi. “La loro lotta pacifica e democratica è una speranza in un mondo pieno di guerra e di terrorismo”, ha concluso. (rm)


Il testo integrale dell’intervento del sindaco Gianni Gianassi alla IV Commissione dell’Assemblea Generale delle Nazioni Unite:

Signor presidente della Commissione, signori diplomatici, signore e signori.
Sesto Fiorentino è città di pace e dal 1984 è gemellata con la città saharawi in esilio di Mahbes.
Da allora abbiamo sposato e sostenuto pienamente la giusta lotta per l’autodeterminazione del popolo saharawi, affinché si superasse definitivamente l'ultima colonia africana.
Abbiamo sempre sostenuto le risoluzioni dell’Onu, affinché si potesse finalmente tenere un referendum che desse ai saharawi la possibilità di decidere del proprio futuro. Noi continuiamo a chiedere al Consiglio di Sicurezza di far rispettare rapidamente le proprie risoluzioni.
Oggi, però, sono qui per rappresentare ciò che ho visto, nella mia visita del marzo 2011, nella città di El Aaiun. Città dove mi ero recato, in incognito, per consegnare la cittadinanza onoraria di Sesto Fiorentino ad Aminatou Haidar, donna simbolo della resistenza pacifica del popolo saharawi. Nel breve soggiorno nella capitale del Western Sahara ho potuto constatare il regime di occupazione militare ed il controllo capillare del territorio da  parte dell’esercito e della polizia marocchina. Strade e piazze sono costantemente sorvegliate. Ricordo che la mia visita è avvenuta all’indomani dei tragici fatti della repressione di Gdeim Hizik. Ho raccolto la testimonianza delle numerose violenze impunite, come quella sul giovane Said Dambar, uno dei promotori di Gdeim Izik, ucciso da due marocchini nel 2010, ed alla cui famiglia mai sono state chiarite le cause della morte, nonostante insistenti richieste e denunce in tal senso. Ho visto le conseguenze della violenza dello sgombero di Gdeim Izik, come quelle che hanno colpito la cittadina saharawi Oubaih Khadija per sempre paralizzata alle gambe. Ho appreso, dalla voce di un pool di avvocati che ha difeso i prigionieri saharawi del “campo della dignità”, le condizioni di detenzione nelle quali versavano più di 100 manifestanti e le difficoltà dei legali a vedere accolte le richieste di processi pubblici, davanti agli occhi e all’attenzione della comunità internazionale.
Quanto da me osservato e denunciato, sia al Governo Italiano che all’Alto Rappresentante Europeo, ha trovato piena conferma nella relazione della Fondazione Kennedy che ha visitato il territorio del Sahara Occidentale con l’intento di indagare sulla violazione dei diritti umani.
Aggiungo che nei molti anni d’impegno ho avuto occasione di incontrare tanti rifugiati e cittadini del territorio occupato che portavano sul loro corpo i segni delle torture e delle gratuite violenze che la repressione marocchina ha loro inferto: donne come Sultana Jaya, attivista per i diritti umani, picchiata e menomata mentre manifestava pacificamente per le strade di El Aaiun e giovani come  Ahmed Brahim Ettanji, esponente della resistenza saharawi più volte imprigionato e torturato.In questi lunghi anni ho incontrato anche tanti saharawi che vivono in esilio, nei campi di rifugiati di Tindouf in Algeria: donne, bambini, uomini che sopravvivono grazie agli aiuti dell’Unhcr dei Governi e degli Enti amici e che subiscono anch’essi, da quasi 40 anni, il diniego al diritto di vivere liberi, nella loro terra.
Testimonio tutto ciò a questa Onorevole Commissione, affinché sostenga con forza l’accelerazione del processo di autodeterminazione.
La lotta pacifica e democratica del popolo saharawi è una speranza in un mondo pieno di guerra e di terrorismo che illumina l’azione e lo spirito delle Nazione Unite.

Grazie per la vostra attenzione.

martedì 25 settembre 2012

Donne Sahrawi: "Just to let you know I'm alive"


"Un documentario sulla violenza contro le donne saharawi e l’impatto della guerra sulle loro vite. Un viaggio nel deserto, in Sahara Occidentale e nel Sud dell’Algeria, per raccogliere le loro voci e scoprire, attraverso i loro occhi, la storia dimenticata di un popolo." di Simona Ghizzoni ed Emanuela Zuccalà
Degja è stata prelevata con la forza da casa sua, in un pomeriggio del 1980, da quattro poliziotti in borghese. Gettata nel retro di una Land Rover, trasportata da una prigione segreta all’altra, ha trascorso 11 anni della sua giovinezza prigioniera e con gli occhi bendati, nella febbrile attesa dell’interrogatorio e della tortura.Anche Soukaina ha vissuto per 11 anni in una cella angusta. Dopo il suo arresto, la figlia minore è morta di stenti perché nessuno poteva prendersi cura di lei. Non aveva ancora compiuto un anno.Leila è una moderna Antigone, tormentata dall’impossibilità di dare sepoltura al corpo del fratello Said, morto nel dicembre del 2010. La famiglia non fa che chiedere al governo marocchino l’autopsia sul corpo del ragazzo, ucciso dalla polizia in circostanze ambigue. Ma nessuna risposta, finora, è mai arrivata. [Il corriereimmigrazione.it]
JUST TO LET YOU KNOW THAT I’M ALIVE (SOLO PER FARTI SAPERE CHE SONO VIVA) è un documentario di 25 minuti ritmato da video, musica e fotografie che, per la prima volta, dà voce alle donne saharawi vittime di queste violenze, sia in Sahara Occidentale che nei campi profughi in Algeria. Ricostruendo, attraverso le loro testimonianze, i diari, le vecchie fotografie, la storia del popolo saharawi da una prospettiva femminile e intima.Insieme all’amica fotografa Simona Ghizzoni, abbiamo viaggiato nei campi profughi algerini e in Sahara Occidentale, sperimentando in prima persona l’ossessivo controllo marocchino nel territorio occupato e l’estrema miseria in cui versano i saharawi rifugiati in Algeria. E, condividendo il tempo lento di queste donne, il rito del tè, la mancanza d’acqua e la scarsità di cibo, ci siamo rese conto che le loro vicende possono diventare simbolo di temi più universali: l’impatto della guerra sulla vita e l’anima dei singoli; l’alienante condizione dei profughi in ogni parte del globo; l’esistenza, ancora oggi, di muri che segnano confini artificiali e crudeli tra i popoli; la violenza contro le donne come arma affilata di strategie distruttive, com’è accaduto anche nell’est della Repubblica Democratica del Congo, in Darfur, in Libia, in Kashmir."La Fondazione americana The Aftermath Project ha finanziato le nostre spese di viaggio, grazie a un grant vinto da Simona Ghizzoni nel 2011. Ora, per completare la produzione del documentario, stiamo per sperimentare una nuova forma di condivisione in rete, già diffusa negli Stati Uniti ma ancora poco nota da noi: il crowd funding, una raccolta fondi attraverso internet. I lettori possono finanziare direttamente il progetto con una donazione libera a partire da 10 dollari, e ricevere in cambio una serie di “grazie” concreti: dal DVD del documentario a piccole stampe di Simona Ghizzoni; da seminari one-to-one sul giornalismo d’inchiesta e la fotografia di reportage a stampe in grande formato a edizione limitata, fino a comparire come produttori del video.Abbiamo scelto il sito www.emphas.is, specializzato in progetti multimediali di qualità. Saremo online a partire dal 24 settembre, per 60 giorni.Emanuela ZuccalàJUST TO LET YOU KNOW THAT I’M ALIVE
(SOLO PER FARTI SAPERE CHE SONO VIVA)
Di Simona Ghizzoni ed Emanuela Zuccalà
In collaborazione con la rappresentanza italiana della Rasd (Repubblica Saharawi Araba Democratica), con le ONG saharawi Afapredesa e ASVDH, con l’organizzazione culturale Zona (www.zona.org).
Con il contributo speciale di The Aftermath Project (www.theaftermathproject.org).

sabato 26 maggio 2012

Brahim Sabbar in Italia


E' in Italia Brahim Sabbar!
Profilo
E’ Un attivista sahrawi dei diritti umani nel Sahara Occidentale sotto occupazione marocchina.
E’ Segretario generale dell’Associazione sahrawi delle vittime delle gravi violazioni dei diritti umani perpetrate dallo stato marocchino (ASVDH). E’ nato nel 1959 a Lagsabi, sposato e padre di tre figli.

Tra il 1981 e il 1991 viene arrestato e detenuto in segreto, “scomparso”. Il 14 agosto 1981 viene sequestrato nella città occupata di Dakhla, insieme ad altri sahrawi. Passa attraverso diversi centri di detenzione segreta tra cui il tristemente famoso Kaalat Mguna (Marocco), senza imputazioni e senza processo. Viene liberato il 22 giugno 1991, con altri 321 sahrawi.

Dopo la sua liberazione, nel 1994 partecipa alla costituzione del Comitato di Coordinamento delle vittime delle scomparse forzate, considerato come l’embrione del movimento per i diritti umani nei Territori Occupati.

Quando a partire dal 1999, inizia la protesta pacifica di massa, l’”intifada” sahrawi, Brahim Sabbar è alla testa del movimento di protesta e rivendicativo. Partecipa a numerose manifestazioni di protesta nei Territori Occupati e nello steso Marocco. Prende contato con le organizzazioni internazionali per i diritti umani per sensibilizzarli sullo stato della repressione.

Partecipa alla creazione, con diversi militanti sahrawi e marocchini, alla costituzione del “Forum Verità e Giustizia”, poi proibito dal Marocco, ed è eletto membro del suo Consiglio nazionale. E’ tra i fondatori dell’ASVDH, di cui viene eletto Segretario generale.

Nel 200 viene privato del passaporto.

Nel 2001 è tra i 36 difensori dei diritti umani condannati a tre mesi di prigione per aver partecipato ad una manifestazione pacifica a Rabat il 9 dicembre 2000.

A partire dal maggio 2005 nei Territori Occupati si fa più intensa la protesta contro la repressione. Brahim Sabbar è più volte arrestato nel corso dell’anno

Il 17 giugno 2006 viene arrestato, con Ahmed Sbai, a El Aiun dopo aver partecipato alla creazione di una sede dell’ASVDH a Bojador. L’AVSDH aveva appena pubblicato un Rapporto sulle violazioni dei diritti umani nei Territori Occupati, con il contributo di Sabbar. Intraprende più volte lo sciopero della fame, insieme ad altri prigionieri ed attivisti sahrawi, per protesta contro la repressione di cui sono vittime. Il 27 giugno 2006 viene condannato a due anni di prigione, per “disobbedienza” ad un agente carcerario. . In un successivo processo viene condannato ad un anno e sei mesi; in totale tre anni e sei mesi. Durante l’incarcerazione alla “Prigione Nera” di El Aiun denuncia torture e trattamenti disumani. Viene liberato il 17 giugno 2008.

Il 19 gennaio 2009 viene aggredito e picchiato selvaggiamente dalla polizia marocchina mentre cercava di raggiungere alcuni sahrawi accerchiati dalla gendarmeria a seguito di una manifestazione.

Privato del passaporto per 10 anni, l’ottiene al termine di una campagna internazionale e di uno sciopero della fame.

Dal 23 febbraio 2010 si reca per la prima volta con altri 10 difensori dei diritti umani nei Campi profughi sahrawi della regione di Tindouf (Algeria). Il loro rientro nel marzo nei Territori Occupati avviene con una missione di osservatori internazionali per prevenire la loro incarcerazione come era accaduto un anno prima ad altri attivisti. Il rientro avviene senza incidenti ma pochi giorni dopo, il 9 marzo 2010, Sabbar viene ferito dalla polizia nel corso di una manifestazione a El Aiun.

giovedì 24 maggio 2012

Tavola Rotonda: Dal Sahara Occidentale all'Unione Europea


In occasione dell'Assemblea Nazionale Ansps, vi invitiamo alla Tavola Rotonda 

"Dal Sahara Occidentale all'Unione Europea: 
percorsi condivisi delle Istituzioni e della Società civile in Italia e in Europa

che si terrà a Roma, sabato 26 maggio 
presso la Sala della Fondazione Basso V. Dogana Vecchia 5, 
ore 10.00.


Al dibattito, moderato dal presidente Ansps, Luciano Ardesi, parteciperanno: 

Brahim Sabbar - difensore dei diritti umani nei T.O., 
l'OnRenzo Carella - Intergruppo parlamentare, 
Sergio Bassoli - dip. Internazionale Cgil, 
Giacomo Filibeck - dip. Relazioni internazionali PD, 
Francesca Doria - avvocato e osservatore internazionale nei T.O.

Per vedere la cartina clicca qui
Per capire come raggiungerci.

Non mancare!

mercoledì 16 maggio 2012

Giovani italiani e sahrawi a La Sapienza

EVENTO ANNULLATO!
L’Università della Sapienza accoglie le voci del Popolo saharawi.

 Aula del Chiostro
Venerdì 18 maggio 2012,  alle ore 11 


Interventi:
Preside della Facoltà di Ingegneria dell'Università La Sapienza.
Professori della Facoltà di Ingegneria.
Rappresentante sahrawi: Fatima Mafud.
Responsabile Unione studenti saharawi in Spagna: Abderrahman Mohamed.
Rappresentante donne saharawi: Mariam Mahmud.

Proiezione filmati.


Il dibattito si concluderà alle ore 13.
Per informazioni: Meini 327.1656718


Aula del Chiostro, Facoltà di Ingegneria Civile e Industriale 
Università di Roma “La Sapienza”, 
Via Eudossiana, 18 00184 Roma